Conosciamoli meglio: andata e ritorno, storia e sogni di Gianmarco Conte

03.06.2022

a cura di Toni Cappuccio

Capitolo 1° - Gli inizi: I ragazzi del ‘97.

In questa stagione 2021/2022, è’ l’ultimo arrivato in casa CJ, alias Cus, BasketTaranto………….ma era sempre in cima ai nostri pensieri, pensandolo girovago nelle terre del nord, anzi nei palazzetti del nord, come tanti nostri ragazzi per farsi conoscere e qualificare ancora di più la propria identità personale e professionale. 

Lui, il nostro caro ragazzo, Gianmarco Conte, precisa, da bravo saggio:

“è importante che ad un certo punto della nostra età giovanile si esca dal grembo familiare e si vada ramingo a conoscere altri lidi, anche lontani, per confrontarsi con altre realtà e per scoprire la propria identità. Conoscere il resto del mondo è sempre il desiderio di ogni giovane.

Conoscerlo personalmente e prenderlo di petto è sempre meglio che farlo online o sui social.”

Così il nostro caro ragazzo mette subitole mani avanti ed in sintesi dice come la pensa...in positivo!

Allora Gian raccontaci la tua vita ed in particolare quella sportiva, così che sia utile alle nuove leve.

“Ovviamente sono tarantino al 100% e ne sono orgoglioso. Ho cominciato a prendere confidenza con la palla a 6 anni, nella Scuola del 23° Circolo didatttico del quartiere Tramontone.

Dai 7 ai 10 anni ad una scuola di minibasket misto su Viale Magna Grecia. Poi da cosa nasce cosa ed ho deciso insieme ai mei di frequentare una vera e propria Accademia di pallacanestro, la Virtus Taranto, (ff course)! Per la precisione, prima ho fatto le prove concorsuali (si fa per dire) in un anno alla scuola del Dream Time, progenitrice della grande Accademia Virtus.

Poi sono stato coinvolto nella stagione d’oro della nostra annata: l’ormai mitico 1997.

Un’annata su cui hanno puntato molto i nostri appassionati dirigenti Ciccio Stola ed Enzo Festnante. Questo è successo dagli 11 anni ai 18, durante i quali siamo cresciuti tanto senza eccessive forzature. L’alloro della laurea l’abbiamo conquistato a 19 anni, quando abbiamo superato tutti nelle finali dell’interzona per approdare alle finali nazionali giocati a Vasto.

Ci piazzammo tra le prime 8 in Italia, uscimmo fuori solo contro la mitica Stella Azzurra Roma.

E’ stato un bel cammino esaltante, come quando nell’interzona vincemmo con la Sem Roma che vinse lo scudetto giovanile. Per noi quell’annata ha voluto dire tanto perché siamo maturati anche come Persone, riconoscendo alla società un impegno finanziario davvero importante ed oneroso per sostenere le spese di trasferta per 4/5 giorni. Tutte spese di tasca propria, quella degli appassionati dirigenti a cui siamo eternamente grati anche per questo.

In quell’occasione, davvero abbiamo avuto l’opportunità di conoscere tanti nostri coetanei che poi sono rimasti i nostri più cari amici. Una meravigliosa pietra miliare della nostra giovane vita del 1997.

Facendo un passo indietro, a 17 anni ho vissuto l’esperienza del doppio tesseramento, quello previsto per le leve under, con la Virtus e con il Cus, con coach Nicola Leale, a cui debbo tanto perché mi ha lanciato nell’agonismo dei mondo senior, dandomi molto minutaggio di gioco e facendomi fare un tesoro di esperienza. Fu annata in cui il Cus conquistò la permanenza in anticipo ma in cui sfortunatamente il nostro Stefano Potì, grande esterno, si ruppe in ginocchio.

Era il secondo anno del Cus ed il mio primo in serie B, giocato nel PalaMazzola.

Era una squadra molto giovane, con 5 senior e 5 under, tutti a referto con buoni minuti ciascuno. Nell’anno successivo, poi, sempre con il  Cus, senza sponsor sostenibile, saltammo l’oceano per prendere come head coach, il grande italo-americano Dante Calabria con cui avremmo senz’altro compiuto un ulteriore salto di qualità. Però, il buon Dante, per sopraggiunti problemi familiari, fu costretto a lasciarci per ritornare negli USA. Peccato! Perchè con Dante avremmo senz’altro fatto un gran passo avanti in qualità ed interessante variabilità di gioco.

Al suo posto venne coach Giovanni Putignano. Non fu un gran campionato, a dir la verità!

Ci salvammo nei playout con Vasto, per il rotto della cuffia.

E’ un fiume in piena il nostro ragazzone. Il sottoscritto non ha voluto fermarlo perché quelle stagioni, anche quelle stagioni le ho vissute insieme a lui ed a tutto il Cus, dall’alto degli spalti del PalaMazzola, commentando e trasmettendo le partite in streaming volontario con la solita passione.

Furono anni non tanto lontani vissuti in perenne ansia da parte della società del presidente Cosenza a causa delle esose pretese dell’Ente proprietario, il Comune, per la gestione dell’impianto.

Eppure la società si etichettò nell’ambito nazionale come la società più ospitale in circolazione.

Era proverbiale ed anche appetitoso l’happening nell’intervallo lungo, anche con gli ospiti.

Questa è storia passata. Adesso è tutta un’altra storia.

Capitolo II - “Alea jacta est”: “l’esperienza di Senigallia”

“Vero! A quel punto, però, io presi la decisione di varcare la linea del Rubicone e confrontarmi con altre società e squadre, in particolare nel ricco Nord.

Credo sia giusto ed opportuno fare il gran salto ed andare via da casa, almeno per un po', per fare esperienza in contesti diversi così da arricchire il proprio bagaglio di nuove e stimolanti esperienze. Sono fattori che sicuramente ti formano tanto, sia a livello di giocatore che di persona. Quindi, sono andato a Brescia dove ho giocato in CGold e Under20 nazionale, perché per me era l’ultimo di quella età. Lì ho subito constatato che investono tantissimo sui giovani, con cui fanno un campionato con la squadra NBB (New best basket Brescia).

La cosa importante è l fatto che a loro non importa avere una formazione con senior insieme agli under. Puntano solo sui giovani, così che possano giocare subito contro formazioni più esperte, senza aspettare troppo in parcheggio-panchina.”

E’ certamente un progetto importante e tanto utile per far crescere, prima possibile, i giovani talenti per farli giocare più minuti, senza aspettare che i senior appendano le scarpe al canonico chiodo.

“Infatti! Dopo Brescia, ho continuato sulla sponda lombarda, sul Lago d’Iseo, dove ho giocato in B, con una formazione giovanissima, quasi tutti di 19 anni. Lì ho giocato tanto, ho avuto tanto spazio e minutaggio e mi sono tanto divertito e mi sono messo in mostra. L’anno dopo sono stato ingaggiato da Vicenza, una piazza molto importante, con una squadra molto seguita, un palazzetto molto bello ed una società ben organizzata. Abbiamo fatto i play off ma siamo usciti ai quarti in gara 3 contro Piombino. Sono stato molto bene, tant’è che sono rimasto lì un altro anno, quando però nel 2019 il covid ci fermò. Nell’anno successivo andai a San Vendemmiano di Treviso, dove però, dopo un mese e mezzo circa, non riuscimmo a trovare l’accordo giusto e così ritornai a Taranto, per giocare la supercoppa, naturalmente con il Cus.

Era il 2020, a porte chiuse, purtroppo!

Il problema però era che la panchina dei senior era già composta da ben 7 ed io avrei costituito l’ottavo, con la prospettiva di non poter giocare molto. Anche se venivo da buone stagioni al nord. Decisi, quindi, di accettare la proposta del Senigallia”.

Fermati qui, un attimo, caro Gianmarco! Questo capitolo della tua storia è un po' intrigante!

“Niente di straordinario! Succede nelle migliori famiglie che, a volte, uno è di troppo anche se è tarantino purosangue. Quindi poiché io mi sentivo tale (scusate l’orgoglio!!), decisi, pur a malincuore, di trasferirmi dalle rive del mio Jonio alle rive dell’Adriatico, a Senigallia, spinto anche dalla richiesta esplicita di coach Paolini che mi volle. Cosa che mi ha molto gratificato.

Ironia della sorte, Senigallia si era piazzata settima nella griglia dei playoff e ci capitò proprio la nostra squadra, cioè la mia ex, cioè il nostro CUS”.

Certo, mio caro, vederti con la maglia da avversario, per noi è stato uno shock anafilattico.

Però, credo che a tutti sia venuta “una lacrima sul viso” in quell’occasione. Dalla mia, ormai canonica postazione a bordo campo, ti guardavo, ti scrutavo e leggevo una forte rabbia agonistica.

“...e vorrei vedere!!! Uno che, non solo da cittadino verace, è nato qui cestisticamente con la consorella Virtus e che poi sia stato costretto ad emigrare quando ero bello che maturo per dare il suo contributo alla squadra del cuore e della sua amata città?

Comunque, a prescindere, c’era anche la voglia di fare qualcosa di positivo contro una squadra importante come quella del Cus dello scorso anno, con nomi di livello superiore.”.

Vabbè! Però, tutto sommato, un anno in dorato esilio in quel di Senigallia non è stata mica una forzatura. Una città quella marchigiana, che fa il paio con la famosa riviera romagnola!

“Sì, infatti! Senigallia è una bella cittadina, molto tranquilla, con una società ben strutturata ed un pubblico che segue molto ma con sana partecipazione. Io, tra l’altro, avevo l’alloggio proprio sulla spiaggia di fronte al mare e, quindi, in una zona paesaggistica. Quindi, tutto bene!”

Diciamo così! Taranto ed il nostro mare, però, sono tutta un’altra cosa! Fidati! Conosco quel mare!

Capitolo III – Il ritorno a casa

“Dopo quei playoff con Senigallia, è arrivata subito la chiamata da Pavia. Una formazione ed un obiettivo ambiziosi con un buon organico con giocatori di un certo livello. Non è stato un impatto facile quello di Pavia. Mi sentivo un po' scoraggiato, giocavo di meno. Alla fine non abbiamo trovato il feeling giusto e, come una Provvidenza, è arrivata la chiamata da Davide Olive che mi ha voluto tanto ed allora ho fatto salti di gioia per prendere il primo treno per ritornare”!

Stai tranquillo, caro che anche noi tutti abbiamo fatto salti di gioia nel rivederti bello carico e con tanta voglia di far esplodere la tua carica agonistica e tecnica, con la giusta adrenalina.

“Anche se da lontano, riconoscevo che la formazione di quest’anno era una buona squadra, di valore che non meritava la metà classifica. Infatti ci siamo piazzati sesti ma avremmo potuto anche raggiungere il quarto posto, se alcuni infortuni ed acciacchi vari non ci avessero frenato.

Poi, però, nel confronto ai quarti con una formazione quadrata del girone C come Rimini, in verità il confronto era un po' impari. Loro con un organico di 12 elementi12, tutti di qualità, a cominciare da un gran play come Tassinari, un vero regista e lunghi con il tiro facile dai 6,75.

La cosa che comunque ci deve inorgoglire è che nel 3° confronto al Palafiom gli abbiamo dato filo da torcere con una prestazione maiuscola di tutti. Ci stavamo anche riuscendo a prenderci una rivincita incoraggiante se gli arbitri non avessero interpretato a modo loro un fallo del nostro pivottone Riziero. E’ stato bello ed emozionante lo stesso, anche se con l’amaro in bocca di non poter tentare di proseguire il cammino e regalare al nostro stupendo pubblico di tifosi un’altra occasione per dimostrare il loro meraviglioso entusiasmo. La città ed il Cus meritano!”

Ora si ripresenta forse lo stesso dilemma della scorsa stagione: riuscire a trattenere almeno alcuni elementi cardine per farne lo zoccolo duro e completare l’organico, allungando la panchina con altri buoni elementi di caratura adeguata, budget permettendo, s’intende! Ormai la città si è innamorata del sistema Basket in generale. Il nostro Cus ha il compito importante di fare da traino verso l’alto!    

“Speriamo! L’hanno riscontrato tutti quest’anno ed io che sono l’ultimo arrivato l’ho verificato di persona ovviamente: il gruppo di quest’anno è un vero gruppo, composto da bravi ragazzi tutti affiatati, genuini e divertenti. Non è facile averne uno così. Nella scelta, la società ed lo staff tecnico, coach Olive in primis, insieme al nostro ds Vito Appeso, hanno avuto fiuto e fortuna per ingaggiare ragazzi così bravi dentro e fuori il parquet. Mi farebbe ovviamente piacere che questo gruppo non si disperdesse, dopo le belle battaglie che abbiamo fatto insieme.”

Certo, ce lo auguriamo anche noi! Il problema della panchina corta, però resta, perchè giocare in 7, 8 quando va bene e avere i nostri under fermi in panchina, non aiuta di certo.

“Naturalmente è sempre una questione del vil danaro. Non scopro certo l’acqua calda.

Il  campionato dei nostri più giovani, in verità, è quello della Csilver, per il doppio tesseramento ed è stata una cosa buona che si siano salvati, conquistando la permanenza.

n buon viatico per continuare a crescere! So bene che significa mordere la panchina”

Cambiamo disciplina, hai altri hobby o sport che ti piacciono?

“Non tanti altri, anche perché alla pallacanestro si deve dedicare sempre tempo. Però, ho giocato a calcetto, sempre per divertimento. Mi piace molto il tennis. E’ lo sport che seguo e vedo molto in TV.  Gioco poco, però, più che altro d’estate, insieme al padel”.

Passiamo agli studi. Quali hai frequentato?

“ Ho seguito con buona applicazione il corso di studi per imbarcazioni da diporto all’Archimede, poi, ora il corso di studi universitari in Scienze Motorie, online al 3°anno a Napoli .

Sto scrivendo la tesi. Poi voglio completare bene con gli altri due della Magistrale. La mia ambizione è rimanere nell’ambito sportivo e praticare la mia attività professionale.

Non mi dispiacerebbe entrare nella Scuola ed insegnare. Ritengo sia una professione fondamentale per far crescere bene i giovani e restare lo stesso io giovane con loro”.

Sport, tanto sport e studi...ma all’amore non ci pensi? (Oddio, che tasto sono andato a toccare).

“Certo che ci penso, ci mancherebbe! Sono fidanzato da 7 anni, quasi 8. La mia ragazza si chiama Claudia Bari e stiamo benissimo insieme. Anche lei è una patita della pallacanestro.

Ha giocato e lo fa ancora, ora per divertimento. Lei, la mia Claudia, giocava nella De Florio, società satellite del grande Cras. Ha studiato nella triennale all’Università di Pavia, in un corso di studi scientifici molto specifici. Ora per scrivere la tesi nella magistrale sta facendo un tirocinio a Monaco di Baviera.”

Domanda d’obbligo: abbiamo pensato alla testa, al cuore, alle gambe...e alla panza?

“Non faccio problemi! Mi piace mangiare di tutto. Non c’è niente che non mi piaccia!

Il mio cibo preferito, però, è il pesce, magari crudo, senza confonderlo con il Sushi, la buona seppia nostrana, un bel gambero violaceo, ostriche ecc..”

Fermati per favore che già il languorino mi assale e mi contorce lo stomaco, ahimè “vacante”!

Mi piace anche cucinare. Ho dovuto imparare per sopravvivere visto che sono stato ben 6 anni fuori casa. Quando sono più libero, non mi dispiace cimentarmi in qualche buon manicaretto.”

I tuoi genitori e fratelli ti hanno sempre seguito. Li vedo sempre con grande entusiasmo.

“Mio padre si chiama Savino Conte, anno 1962. Mia madre si chiama Anna Resta, anno 1961, mio fratello Mimmo e mio fratello Angelo. Il primo lavora in clinica. Il secondo come autista per i Monopoli di Stato. Ho tre bellissimi nipotini, due di Mimmo ed uno di Angelo. I miei sono quel gruppo che si piazza all’angolo del parterre del Palafiom e fanno una gran casino..pardon!!”

E quel “casino”...pardon chiasso me lo becco tutto io che ho l’ardire di sedermi a bordo campo!!!

Bene, cari amici, la chiacchierata col nostro figliol prodigo è stata bella lunga ma ne valeva la pena!

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Voglio RINGRAZIARE FRANCESCO CARPENZANO  ed I SUOI CARI per l’ospitalità concessaci, con entusiasmo, per realizzare gli incontri. 

Buon basket vi faccia! Toni Cappuccio

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